Doccia fredda

Lunedì 8 gennaio 2018. Con i capelli corti corti vado con Danilo all’IFO (non ricordo se ve l’ho presentato; Danilo, il mio compagno da … mmh tanto), con il trolley per poter essere ricoverata subito. Ho appuntamento con Milella. Gli comunico il via libera della neurologa alla prosecuzione della chemio. Ma Milella non è d’accordo. Aspetta altre conferme.

Torno a casa, delusa e in ansia. Penso che i tempi prescritti tra un ciclo di chemio e l’altro (14 giorni) siano quasi perentori e comunque ideali. Temo che più ci si allontana, meno sia positivo… ricomincia l’attesa. Torno al San Camillo per fare l’eco cardio e il doppler agli arti inferiori: tutto in regola. Milella mi prescrive una iniezione di eparina al giorno, in aggiunta alla cardioaspirina che mi ha dato la Anticoli.

Vorrei che si confrontassero fra loro, che discutessero sull’opportunità di fare la chemio, sui rischi. Provo a suggerirlo, ma non è facile. Se non si conoscono, se non si stimano a priori, capisco che è difficile che i medici accettino il confronto.

Continuo a vivere con il telefono attaccato al corpo. Aspetto una chiamata. Niente. Il 14 gennaio mi decido a scrivere una mail a Milella, nella quale spiego le difficoltà di un paziente di stare così in attesa di una telefonata. Mi azzardo a dire che forse ci si potrebbe organizzare in modo diverso. Mi risponde con gentilezza, prendendomi un po’ in contropiede perché pensavo che si sarebbe risentito delle critiche.

Il 16 gennaio 2018 finalmente entro di nuovo in reparto, per il secondo ciclo di chemio. Dopo quasi un mese dal primo, un ictus e parecchia ansia. Il 17 gennaio passano i medici, è di turno Milella. Mi chiede la cartella clinica del San Camillo, che io non ho (tra l’altro all’IFO per avere una cartella clinica ci vogliono 6-8 mesi, quindi come pretendere che io abbia quella del San Camillo di dieci giorni prima). Quando rispondo che non ce l’ho, Milella mi risponde con tono polemico, parecchio sopra le righe, che prima io critico loro per il loro lavoro e poi non li metto neanche in condizione di lavorare come si deve.

Si vede che la mail che avevo mandato ha fatto innervosire a scoppio ritardato… Due giorni dopo chiedo colloquio a Milella per parlare della terapia. È ancora visibilmente seccato, e con tono brusco mi comunica che la PET di metà dicembre ha evidenziato una metastasi al fegato. E quindi non sono più considerata operabile.

Lo guardo senza capire bene, chiedendo “E quindi?” Quindi il nuovo programma sarebbe: sei cicli di folfirinox, tac di verifica, altri sei cicli di folfirinox e poi valutazione se entrare nella sperimentazione POLO. E così a vita, cercando di mantenere il tumore sotto controllo con cicli di chemio. Sempre nella speranza che facciano effetto.

Boom! Ecco una notizia che rimette tutto in discussione. Ma proprio tutto. Forse non c’è proprio un modo giusto per dare una notizia del genere. Ma diciamo che oggi non ero proprio preparata a riceverla. E così, in questo modo. Ma almeno ora so come stanno le cose. La certezza è meglio di ogni ambiguità.

Appuntamento quindi per la prossima chemio, che finalmente sarà in Day Hospital, cioè in ambulatorio senza ricovero e con appuntamento in giorni fissi, senza dover aspettare la fatidica chiamata.

Sud Africa, attorno al 1974.

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